“PICCOLA” STORIA DI OPERA IN PIAZZA – racconto di Maria Grazia Patella

IL SOGNO

“Sempre libera degg’io folleggiare…” Le mura dell’antica Rocca, allora carcere cittadino, erano alte assai,  ma  ne raggiungevo la cima assai meglio d’un gatto. Di lassù mi esibivo per i poveri carcerati che da me, dieci anni,  vocetta stridula e tante ore trascorse ad ascoltare i dischi del babbo, imparavano l’Opera … Ma la “Siora Lucia”, dalla finestrella del suo cucinino, ogni tanto strillava “Bastaaa!”, e così… “addiooo ai bei sogni ridenti” della Traviata!

Quattro chilometri più in là, nella piccola chiesa dei Templari e tra i  campi e le vigne di Tempio, piccola frazione di Ormelle,  Miro, un ragazzino di dodici anni, continuava invece ad imitare i suoi eroi: Pertile, Caruso, Di Stefano … e nessuno osava interrompere il suo canto..”Se quel guerrier io fossi, se il mio sogno s’avverasse!” Molti anni più tardi quel piccolo guerriero comparve in “piazzetta di Uderzo” sotto le mie finestre. Da un  “dondolo” del bar centrale  guardava spavaldo in su, e cercava proprio me! Lo immaginai come un “Trovatore”  che si accompagnava al liuto in un canto d’amore. Negli anni che seguirono, la nostra vita prese strade differenti ma la nostra più grande passione, il Canto,  ci fece nuovamente incontrare. Mentre io ancora studiavo, Miro iniziava la carriera: sarebbe diventato un famoso tenore e … mio legittimo consorte.

Ma torniamo al tempo dei sogni: tutti e due, io in piazza … lui fra le vigne … sognavamo  il palcoscenico! La mia casa, Palazzo Ottoboni-Saccomani, incorniciava con altri antichi palazzi il cuore della nostra città: Piazza Vittorio Emanuele II.

A quindici anni, i frequenti concerti della locale banda cittadina in “piazzetta di Uderzo”, contribuivano non poco a stuzzicare i miei sogni e l’immaginazione ancora folleggiava: dalle finestre del salotto di casa guardavo la bella scalinata bianca e l’antica porta del Duomo, “inventavo” lunghe processioni di fedeli che entravano in chiesa seguendo il Crocefisso, masse corali inneggiavano al Signore come nella Cavalleria Rusticana o cantavano il Te Deum della Tosca…  La facciata del Duomo diventava allora S. Andrea della Valle, Palazzo Farnese sostituiva lo splendido edificio sede della banca. E il “Toresin”… diveniva Castel S.Angelo  o anche, con casa ex-Bernardi, la dimora di un Duca : il Duca di Mantova.

I SOPRAN-BARBITONSORI

“Piassaroi” come me, cent’anni prima,  erano due opitergini schietti, amanti del paese “dal dolce clima e dalla terra feconda”, che dedicavano il tempo libero alla musica e allo spettacolo : i Sopran Barbitonsori. I due barbieri esercitavano sotto Porta Trevisana, a ridosso della Loggia, un tempo Teatro Sociale. A proposito del Teatro,  ricordo  la nostalgica descrizione che ne fece molti anni più tardi  un caro amico d’infanzia: lo storico Eno Bellis: “C’era anche un teatrino tutto pomposo nel suo settecentesco vestito. Nomi celebri vi si succedevano; nessuna diva si spogliava, neanche in nome dell’arte e della cultura. Il godimento era tutto cerebrale ed al massimo qualche brivido d’orrore percorreva la sala quando, ad esempio, durante la Tosca si seviziava fra le quinte il povero Cavaradossi e le urla che risuonavano in platea e nei palchi, facevano fremere le dame… Allora si alzava dalla sua poltrona, altissimo e minaccioso, Momi Loro, caratteristica figura del tempo, che sprizzando fuoco copriva con le sue urla il seviziato: “La finìo!!!!!?…O  voleo che vegne sù mi??…”Impaurito si sporgeva dalla sua cuffia il suggeritore, mentre dalle quinte faceva capolino un pompiere di servizio..”  Ma torniamo ai nostri barbieri. Non erano semplici e modesti artigiani, barbieri appunto, bensì veri artisti, musicisti e suonatori entrambi di clarinetto. Tennero nota di tutti gli spettacoli che fino al ‘900 si succedettero nel palcoscenico del  piccolo teatro opitergino. A distanza di anni (quando già cantavo nei teatri ed ero sposa e mamma) fu straordinario riscoprire nella descrizione degli appassionati barbitonsori, un passato già lontano, fatto di immagini, di memorie, di canti. Non c’era più la Porta Trevisana ma, laggiù, sotto il Toresin, tornavano a vivere l’immaginaria felicità di Lucia, il dolce canto di Sonnambula, le ardenti serenate di Almaviva e, pensando ai geniali Barbitonsori, risentivo gaio e spavaldo il canto di Figaro! Purtroppo non c’erano più i cari vecchi barbieri Giovanni e Vincenzo, non c’era più l’antico e pomposo teatrino, ma la vecchia piazza, in via di restauro, sarebbe diventata un grande palcoscenico all’aperto. Cent’anni di “silenzio” erano troppi e troppo a lungo avevo sognato. L’”Opera in piazza” era già una sfida! Ma…da dove cominciare?

BERTILLO DA RE

“Anche l’arte, come la vita … è una milizia! E chi dà più di sangue, riceve più di grazia” Il motto di Puccini era il nostro preferito. Io e Bertillo passavamo ore a parlare di Teatro e di Musica. Lui era il direttore del Teatro Cristallo, il padre di lui lo era stato del Teatro Sociale … Io cantavo … raccontavo di Miro che cantava, … si parlava di canto e di cantanti. Il linguaggio e gli argomenti erano  gli  stessi, ci esaltavamo per le stesse passioni. “Vado a Rugaska…alle Terme”, mi disse un giorno, stando come sempre  seduto dietro il minuscolo “botteghino” del Cristallo. “Ma dai! Che bello! Sei vicino a Maribor … in questi giorni in  teatro stanno rappresentando “Traviata”, uno spettacolo strepitoso, sai?, una soprano che nella voce ha i colori della Callas. E ci canta Miro! Se vuoi andare … glielo dico!”. Gli occhi, sempre sereni di Bertillo  mi guardarono luccicanti: “Traviata”? Una volta al Teatro Sociale, in piazza … sai! … dove adesso c’è la banca! … realizzavano spettacoli,  opere, operette, concerti. Venivano rappresentati  durante le Fiere della Maddalena. L’ultima opera  è stata.. nel 1894? … Mi pare fosse … ah! Si!! “Il Barbiere di Siviglia”! A queste parole provai un brivido di gioia: tornava magicamente il mio sogno!! … tornavano i barbieri della piazza!! il canto di Figaro! Esclamai  con entusiasmo  “Bertillo!!… non si potrebbe…  ? … ”. Mi interruppe, e di nuovo ripetè:  “Traviata?… mmh …” e  poi …: “Vutu che la fene a Oderzo?”

LA LIRICA MANCAVA DAL 1894

L’Opera a Oderzo era arrivata  la prima volta più di centocinquant’anni addietro: nel 1853 con il “Don Pasquale” di Donizetti. L’ultima rappresentazione avvenne nel 1894 con Il Barbiere di Siviglia di Rossini. I geniali e appassionati Barbitonsori avevano per anni e anni descritto, disegnato, classificato rappresentazioni e compagnie, giudicato con arguzia artisti, “intraprenditori”, cori e maestri … Grazie ai due barbieri e alla loro classificazione socio-culturale-artistico-patriottica, (Vincenzo, ricorrendo questo o quell’avvenimento politico, dipingeva nel suo registro la bandiera nazionale!!! …)  il teatro opitergino ancor oggi può rivivere  nella sua struttura “esatta e amorosa” attraverso i loro ricordi, in una sfilata di care figure di attori e cantanti, di artisti noti e meno noti ma sempre amati, ammirati ed ora pianti. Non potevamo immaginare allora, io ed il dolce amico Bertillo, che su nel paradiso Giovanni e Vincenzo, carta e penna fra le mani, si apprestavano di lì a poco  a riprendere la loro cronaca.

GLI AMICI DI MARIBOR

Sempre nuovi teatri, opere nuove e nuove città. Ma la nascita e la maturazione artistica di mio marito era avvenuta nella ex-Yugoslavia e una grande amicizia legava ancora l’uomo e il cantante con i teatri di Maribor, Lubiana, Zagabria, città che talvolta  si “contendevano” il loro “primo tenore” per le rappresentazioni più importanti.

Fra queste, a Maribor, avevo assistito nel ’91 a uno spettacolo di Traviata (la produzione descritta a Bertillo) destinata al pubblico austriaco. Da sempre gli appassionati di Vienna, Graz e altre città  frequentano gli spettacoli del grande teatro sloveno. Non avevo mai visto scene e costumi così belli. Regista era il maestro russo Orlikowsky, collaboratore per venti anni del grande Karajan. Scenografo Wazlaw Skalicky, noto artista del Met di New York. Lo spettacolo era di insolita e straordinaria bellezza.

NATALIA

Grazie a mio marito, che in Traviata interpretava la parte di Alfredo, il Maestro Stane Jurgec, Direttore Artistico del S.N.G. Opera di Maribor, accettò l’invito di venire a Oderzo: per la prima volta il teatro più importante di Slovenia, con 250 fra artisti e operatori, avrebbe oltrepassato  la frontiera … Protagonista di Traviata era la giovanissima Natalia Vorobiova. Nella nostra città si esibì negli anni successivi in più occasioni. Accanto a Miro contribuì da quel lontano 13 giugno 1991 a riportare l’Opera a Oderzo.  Di lei ricordo ancora la straordinaria agilità negli acuti, quella voce con i colori di Maria Callas, una capacità rara di “entrare nel personaggio”  e impressionare gli ascoltatori.  Le sue vere  lacrime  sulla scena, erano quelle del pubblico che l’ascoltava: gli applausi, dopo ogni sua interpretazione di Violetta, non finivano mai. Ho cantato in più occasioni con famose interpreti di Traviata ma non ho mai sentito una Violetta così tragica e commovente. Mi diceva: “Piango perché ogni volta che interpreto Traviata, penso che non avrò lunga vita”. Natalia abitava vicino a Chernobyl: era l’aprile del 1986 ….

Mi raccontava di come ogni mattina raccogliesse secchi di polvere radioattiva dal suo appartamento per gettarli fuori… sulla strada. Il suo bambino perse tutti in capelli in poco tempo. Il marito, dopo alcuni mesi si ammalò di cancro . Ripeteva sempre  che quand’era fuggita era “troppo tardi”: le stesse parole di Violetta, prima di morire. In quel terzo atto di Traviata, tutti riuscivano a percepire la tragica storia di Natalia, a sentire nella sua calda e appassionata vocalità quella malinconia che sempre, anche quando sorrideva, si leggeva nel suo sguardo. Natalia scomparve tragicamente il 14 marzo 2004. Aveva 35 anni.

LE PRIME DIFFICOLTÀ

Torniamo al mio incontro con Bertillo, a quella primavera del 1991: la piazza non era agibile. Bertillo mi propose perciò di realizzare Traviata al Cinema Cristallo. Bertillo fu un grande maestro. La prima cosa che mi insegnò fu che esistevano gli “sponsor”. Parola che non conoscevo. Ne scoprii l’importanza quando, per riportare l’Opera a Oderzo, cominciai a chiedere aiuto ai negozi della città. La primissima “sponsorizzazione”, in Via Garibaldi… fu di 25.000 lire: quale emozione! il sogno stava per trasformarsi in realtà! Ma col trascorrere dei giorni i miei “bollenti spiriti” si scontrarono con le difficoltà dell’organizzazione. Era la prima volta … non sapevo niente di niente! Bertillo mi guidava, mi rasserenava col suo fare quasi “placido”, ma il più delle volte i problemi sempre nuovi mi sembravano irrisolvibili. Non si trattava solamente di trovare il denaro necessario all’impresa! Mi chiedevo soprattutto come la gente della mia città avrebbe risposto a un simile richiamo: frutto ancora acerbo di un sogno di bambina…

Il Maestro Zeno Lovato, stimato musicista e grande appassionato di lirica, mi incoraggiò molto, raccontandomi come una folla di amanti del “bel canto”, fosse accorsa a riempire il nostro Duomo quando, nel 1940, accompagnò all’organo il famoso tenore Aureliano Pertile  per un concerto di beneficienza. Ed io stessa, dopo molti anni di assenza della musica lirica dalla nostra città, ero testimone di una enorme partecipazione di pubblico ai pochi occasionali concerti offerti da due straordinari artisti opitergini: il soprano Maria Chiara e il tenore Miro Solman, messaggeri nel mondo della grande musica italiana.

L’OPERA RITORNA IN CITTÀ

Mi gettai a capofitto nell’impresa. Mai e poi mai avrei pensato allora che per i vent’anni successivi  la mia vita sarebbe stata completamente condizionata da quella prima avventura. La mia “disfida ebbe luogo” dunque la sera del 13 giugno 1991 quando i 250 artisti del Teatro dell’Opera di Maribor si trasferirono lungo le rive del Monticano. Quale immensa gioia provai quel giorno, passando in bicicletta dietro il Cristallo. Erano le 8 del mattino e già due grandi camion si erano infilati nello stretto passaggio sul retro del cinema. La targa era MB. Mi misi a piangere. Complici Bertillo Da Re  mio marito e mio fratello Massimo, il Cinema Cristallo fu trasformato per l’importante occasione in un vero “sacro tempio della Lirica”. Fu un successo trionfale!

Quando Miro, Natalia  e tutti  i cantanti  si presentarono in pasto alle luci e agli sguardi, si scatenò l’entusiasmo del pubblico che gremiva il teatro.

SCOPPIA LA GUERRA DEI BALCANI

In quei giorni purtroppo, i serbi scatenavano anche la guerra dei Balcani. La Compagnia  di Traviata, e  anche mio marito, al loro rientro in Slovenia incontrarono i carri armati.  Le strade di Maribor  furono le prime ad essere insanguinate. Nei teatri di ogni paese, lavorano fianco a fianco artisti che appartengono a tutte le nazioni, artisti che non conoscono l’appartenenza a una regione o a un popolo, non conoscono frontiere o barriere sociali. L’artista è sempre “cittadino del mondo”, comunica con  il linguaggio universale dell’arte, della Musica. Nel Teatro di Maribor si esibivano, oltre agli sloveni, cantanti serbi e  croati, ballerini macedoni e bosniaci e ancora italiani, americani, russi, francesi, tedeschi e olandesi. Tutti amici! Noi partecipavamo ogni giorno alla terribile sofferenza di sloveni, serbi, croati, al disagio per le famiglie sparse in tutte le regioni di quella terra che improvvisamente  diventava ex-Yugoslavia. Si creavano divisioni e  nuovi confini  fra genti amiche, unite da sempre sotto un’unica bandiera e che ora si affrontavano con le armi. Decisi di organizzare a Oderzo il primo Concerto per la Pace.

E vennero dalla Serbia, dalla Bosnia, dalla Slovenia, dalla Croazia. Cantarono mano nella mano, per ricordare a tutti che la Musica vince  anche sull’odio e la vendetta. Traviata nel ’91 e quell’indimenticabile Concerto per la Pace  nel ’92 regalarono alla nostra città attimi di magia, di intensa commozione. Furono insieme il preludio di un “atto II…”.

IL SOGNO DIVENTA REALTÀ

Il 17 luglio 1993 in Piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazza Grande) “Nabucco” fece palpitare il cuore di tutta la città. Sotto uno splendido cielo stellato (favorevoli i Pianeti … dell’Arte e dell’Ingegno!!) parlò la Musica ed in tremila ascoltarono in assoluto silenzio. Poi, tutti in piedi, spronando il Maestro Voltolini e l’Ochestra del Teatro di Zagabria, a concedere in bis quel magico “Va pensiero”. Otto cori della provincia affiancavano in costume di scena i colleghi di Zagabria: trecento artisti risvegliarono dolci e antiche passioni. Qualcuno piangeva … ed io fra questi. Forse, in cielo, i due barbieri tenevano nota. Giovanni e Vincenzo scrissero molto ancora, raccontarono di opere che a Oderzo mai erano state rappresentate, di spettacoli, artisti famosi personaggi attirati a Oderzo da un insolito Festival nato per regalare ore di felicità agli appassionati non solo di Opera Lirica, ma anche di Balletto, di Musical, di Jazz. Parlarono del nostro pubblico meraviglioso, del ritorno, grazie alla Musica, dei discendenti degli antichi opitergini: gente proveniente dai monti, dal mare, dalle terre della “Pieve” e  del Tagliamento. Gli avi degli avi del pubblico di Opera in Piazza, erano vissuti  2000 anni prima:  erano i cittadini di quell’antica e gloriosa Opitergium i cui confini Giulio Cesare descrisse nell’Opera “De Bello Civile”: “Mons, plavis atque mare: huic dant fines Tiliaventum”. Superati i confini comunali con la prima Traviata al Teatro Cristallo, richiamati nel cuore di Opitergium  gli appassionati di altre regioni  con l’Opera in Piazza …  ecco arrivare i tedeschi, gli inglesi, i francesi … gli americani!  Perfino i giapponesi.

L’OMETTO CON FIFÌ E CARRETTO

Bertino Lazzari era un omino arguto, dagli occhi vivacissimi e grande appassionato di Opera Lirica. Lo conobbi al bar di Roberto, dove io, Lucia, Paola o altri addetti alla biglietteria ci recavamo spesso per cambiare le banconote del pubblico. Il nostro ufficio si trovava allora sotto i portici di Palazzo Porcia. Bertino veniva ogni giorno a trovarci e al suo ingresso lo sentivamo puntualmente cantare: “Un bel dì vedremooo”… A volte, trainando con una vecchia bici nera il suo carretto di legno, nell’attraversare la piazza mi incontrava e sempre a squarciagola riportava alla vita la piccola Butterfly… Puntualmente gli rispondevo “… levarsi un fil di fumoooo”… Era il nostro modo di salutarci. Volle subito dare il suo contributo le sere degli spettacoli: trasportare dalla biglietteria alla piazza, i numerosi scatoloni che contenevano i libri destinati al pubblico. Un lavoro faticoso per un ometto settantenne. Ma in quelle serate egli era felice di rendersi utile alla “sua” Musica … e, carretto al seguito, si presentava  impeccabile in giacca nera e “fifì”. Nel  2001 venne a cantare nello spettacolo “Va pensiero”, Katia Ricciarelli. Bertino, eccitato per la presenza di una così famosa cantante, mi chiese timidamente e con grande umiltà (era abituato a dare senza mai chiedere nulla) se poteva fare una foto con Katia. Nei giorni successivi, egli si recò al bar di Roberto e in altri locali raccontando del grande onore che gli era stato riservato … Nessuno gli credeva! Gli sarebbe piaciuto mostrare subito quella fotografia perché la smettessero di prenderlo in giro. Ma non ebbe mai il coraggio di chiedermela. E io, presa da mille cose, me ne scordai. Un giorno lo incontrai vicino alla mia casa. Ero triste e stanca. Ebbe per me bellissime parole di conforto e non mi disse (cosa che avrei scoperto di lì a poco …) che la mattina di quello stesso giorno aveva perso la sua compagna. Mi venne allora a mente quella foto, la cercai, decisi di fargliene dono ma dopo averla incorniciata per bene. L’ultima volta che incontrai Bertino, vicino alla canonica, teneva per mano la sua solita bici nera. Il carretto non c’era. “Domani ti porto un regalo…una foto!…” gli dissi, Comprese subito e sorrise come mai, felice come mai e mai…vide quella foto. Tornò a casa e morì.

L’anno successivo chiesi a Katia di tornare a Oderzo  e dedicare a Bertino il “Concerto per un angelo”.

LARAGAZZADISANDONÀ

Aveva 23 anni nel 2001, era l’anno di “Turandot”. Mancava una settimana alla prima dell’Opera in Piazza. Una sera mi trovavo nell’ufficio biglietteria di Palazzo Porcia. Mi ero fermata più del necessario ma faceva un gran caldo e non volevo ancora rientrare. Si presentarono una ragazza e un signore. Notai che lui la aiutava a camminare reggendola per un braccio. Lei aveva un vistoso collare… di gesso. Mi chiese: “Lei è la signora Patella?”. “Sono io”, risposi. Ed ella continuò: “Sono venuta a ringraziarla. Voglio dirle che la mia vita è cambiata da quando sono venuta lo scorso anno ad ascoltare “Bohème … avevo visto il cartellone e mi sono  incuriosita. Non avevo mai visto un’opera Lirica. Adesso ho l’abbonamento alla Fenice, vado all’Arena, vado anche alla Scala … Compero tutti i dischi. La Musica Lirica è diventata la mia più grande passione, la mia vita..”. Le spiegai che non avevo alcun merito. Il cartellone era semplicemente un mezzo pubblicitario della nostra associazione, chi lo avesse letto poteva essere o meno interessato a venire… Ella mi interruppe con gentilezza per ringraziare ancora e per dirmi: “Mi creda. La mia vita è così cambiata! Quella sera ho ascoltato Bohème… mi sono riconosciuta nella storia di Mimì…” La guardai incredula, ed ella concluse dicendo “Vede, ho un tumore alle ossa… ma oggi sono felice e vorrei due biglietti per la Turandot”.

Mi piacerebbe tanto rivedere quella ragazzina, sapere che anche lei leggerà questo racconto. Sentirle dire che grazie alla Musica è completamente guarita. Ma di questo sono certa.

QUALCHE ANEDDOTO SIMPATICO

Sono moltissime le storielle, i fatti, gli aneddoti legati a vent’anni di Opera in Piazza. In particolare ne ricordo uno fra tanti, che fece sorridere e commosse tutta la nostra associazione. Lucia era al telefono con una signora di Portogruaro quando entrai all’ufficio Iat (nuova sede della biglietteria di Opera in Piazza) e udii la conversazione. La signora in questione ricordava a Lucia che Giannina  (la suocera), alcune settimane addietro aveva prenotato sei posti per “Bohème” e che ora si trovava in ospedale a causa di un ictus cerebrale. Lucia a quel punto mi chiese di prendere una gomma e cancellare la prenotazione. “No! Ferma!”, esclamo la signora. “Volevo dirle anche che mia suocera… dopo una settimana di coma,  all’improvviso si è svegliata!  Mi ha riconosciuta e subito ha esclamato: “Teresa, guarda nel cassettone… c’è un foglio con scritti i posti prenotati all’Opera di Oderzo. Ti raccomando!!!! confermali tutti!”

Un’altra anziana signora che desiderava assistere alla “Bohème”, chiese a Paola i dettagli dello spettacolo. Paola le disse: “Signora, la facciamo alle ore 21, in Piazza Grande , venerdì 13 e sabato 14 luglio”. “Come? – esclamò l’anziana signora – “La fate in due puntate?”

Nel 2002 Pippo Baudo volle aiutarmi a presentare uno spettacolo del quale era l’ “Ospite d’Onore”.. Figurarsi la mia gioia! Ma alla fine della serata, durante la quale Pippo si prese un po’ di tempo per raccontare… (di  Vespa… Costanzo… la moglie Katia… sua madre, suo padre…)  mi chiese di scendere in platea per “il gioco delle interviste”. Come potevo rifiutare? Voleva essere intervistato direttamente dal pubblico. Illuminata dall’”occhio di bue” che mi seguiva passo passo nel buio della sala, mi sentii all’improvviso strappare dalle mani il microfono. Una signora assai seccata, si rivolse a Baudo esclamando “El varde che mi ho pagà el biglietto par vegner a sentir musica!!! e no ciacoe!!!!”.  Fu  per tutti e per l’amico Pippo in particolare… una serata  assolutamente  “indimenticabile” (!)

LA GALLINA GIANNETTA

A Conegliano, in trasferta, si rappresentava “L’Elisir d’amore”. La scena di campagna  con bosco, casetta e steccato era già ricca di “balle” di fieno, scale, pale, forconi, fasci d’erba e di fiori, ma il regista voleva renderla ancor più “viva” e realistica. Chiesi in prestito a nonna Angelina una gallina del suo nutrito pollaio. Era bellissima e tutta bianca. Da quel giorno tutta la compagnia di canto la battezzò “Giannetta”. La gallinella veniva sistemata in cima a un tavolo imbandito per la festa nuziale, e “appollaiata”, così per dire, sopra una finta e grossa gruviera. Per tenerla buona buona durante lo spettacolo, sbriciolavo un po’ di pane sopra il finto formaggio. Giannetta beccava felice le bricioline e al termine della scena (e del pranzetto nuziale) zampettando qua e là fra gli artisti che ballavano, cercava un suo spazio dove nessuno l’avrebbe disturbata … e da quello (di solito il davanzale della casetta)  ascoltava la musica immobile come un gufo impagliato e gli occhietti semichiusi. Nell’atrio, durante un intervallo, mi capitò di ascoltare la conversazione di due eleganti signore. Una diceva all’altra: “Ma che spettacolo carino, però … mai e poi mai avrei immaginato che alle galline piacesse il Parmigiano…” “Vero!” rispose l’amica, “Bisogna andare all’opera! …non si finisce mai di imparare!!!”

IN VINO VERITAS

Un signore di Oderzo, recandosi a Belluno, si fermò in una piccola “osteria” lungo la strada. Mentre sorseggiava il caffè ebbe modo di udire un personaggio un pò “avvinazzato” che discutendo sulla “Tosca” (opera in piazza nel 2006) diceva a due amici: “cossa vutu che sia… da 15 a 40 euro par un’opera come questa! E da quatro ore!! No l’è nient rispetto ai prezzi degli stadi dove che te paga el doppio e co’ te va fora te rischia anca de ciaparle…”

LA GRANDE AVVENTURA

Sono trascorsi 20 anni da quando Bertillo mi disse “Vutu che a fene a Oderzo?”, son trascorsi 18 anni da quando l’antico  sogno, iniziato con treccine, fiocchi, lentiggini sul naso  e strillando  sulle mura dell’antica rocca  per i poveri carcerati, finalmente si realizzò: a Fulgenzio Zulian e Bepi Covre che credettero in quel sogno, dono d’amore alla mia cara città, dapprima in un cinema e poi nella piazza che tanto adoravo, va il ringraziamento mio e di quel piccolo manipolo di “pionieri” cresciuto negli anni. Dopo Miro, Massimo e soprattutto il  mio caro e gentile “maestro”, il Bertillo Da Re che tanto amava la Musica, che fino agli ultimi giorni di malattia mi insegnò  a “mettere le ali per vedere più alto e più lontano” e che ricorderò sempre con affetto e riconoscenza, vennero Roberto, insuperabile maestro di “marketing”, Paola, colonna portante della biglietteria, Alessandra, Bepi e Palmino, Antonio: comandante della squadra dei “magnifici 7”! e ancora Claudio, Pino e Pierpaolo, Elio e Sisa, Massimo, Luigi e Chiara, Franco e Vito, Giulio, Giorgio e Lucia, Emanuele e Francesco. Tanti e tanti gli amici che vorrei qui nominare ad uno ad uno. Per ragioni di spazio mi devo fermare ma sono certa mi perdoneranno, perché sanno bene che sono tutti nel mio cuore e soprattutto nel grande cuore di Oderzo: Piazza Grande.

È grazie a loro, ai 54 soci di Oder Atto II° e ancora ai moderni mecenati (le aziende del territorio) che sostituiscono oggi i conti e i marchesi di un tempo, nonché alle varie Amministrazioni Comunali che si sono succedute in questi 20 anni e che hanno saputo proteggere e favorire lo sviluppo di questo “fiore all’occhiello” della città, se posso oggi raccontare “ L’Opera in Piazza”,  meravigliosa  avventura iniziata con un sogno, e giunta a questo importante XX traguardo.

Ma il sogno non finisce qui: guardo l’amato “Toresin” e penso a Pippo, a “una voce dal cielo”… un po’ più su delle mura di un carcere.